Lettera all'imprenditore n°242 del
13 Aprile 2022
Ritorno dell’inflazione: effetti sull’economia reale
“In assenza del gold standard, non c’è modo di proteggere i risparmi dalla confisca causata dall’inflazione. Non esiste una riserva di valore sicura.”
Alan Greenspan
Con la fine della pandemia si è chiuso un periodo di prezzi e costo del denaro stabili.
L’attuale crescita dell’inflazione è dovuta principalmente alla ripresa economica post-lockdown e quindi a un’impennata della domanda, oltre che alla scarsità di materie prime e al reshoring delle supply chain che si stanno “accorciando”, diventando continentali ed in alcuni casi esclusivamente nazionali.
Inflazione: cos’è?
L’inflazione viene definita come un aumento generale del livello dei prezzi, concretamente questo comporta una perdita di potere d’acquisto della moneta.
Attenzione! L’Inflazione è la perdita di valore del denaro, non dei beni! Questo induce, in condizioni di elevata inflazione, a detenere meno denaro e più beni di consumo e d’investimento.
I beni che mantengono maggiormente il loro valore nel tempo sono definiti beni rifugio. Il bene rifugio per eccellenza è l’oro, nel medio-lungo termine difende dall’inflazione, ad esempio: nel 1970 una 500 si comprava con 680 mila lire, che corrispondevano a 32,4 once. Oggi con 32,4 once pari a 51 mila euro si può comprare un suv.
Come si può vedere l’inflazione fa perdere valore al denaro e non ai beni.
Il tasso d’inflazione è di solito misurato dagli uffici di statistica nazionali in modo diretto, attraverso periodiche rilevazioni campionarie su un paniere di beni definito.
Ad esempio, se il tasso di inflazione è del 2% l’anno, un pacchetto di gomme che costava €1 nell’anno “x” probabilmente costerà €1,02 nell’anno “x+1”.
Qual è stato l’andamento dell’inflazione negli ultimi anni?
Com’è possibile osservare dal grafico soprastante, fino al 2020 l’inflazione si è mossa all’interno di un intervallo prossimo allo zero, mantenendo i prezzi dei beni stabili.
Se questo trend, che ha caratterizzato l’economia fin dalla fine del secolo scorso, (l’inflazione italiana non supera il 5% dal 1995) sia giunto alla conclusione è argomento ampiamente dibattuto.
Oggettivamente è possibile osservare una crescita dell’inflazione dal 2020 fino ad oggi, arrivando al 6.7%.
Questo trend rialzista non pare mostrare cambi di tendenza, almeno nel brevissimo termine, questo a causa sia dell’attuale conflitto armato, sia dei fattori inflattivi che mostriamo di seguito.
Ci aspettiamo comunque che l’inflazione a breve termini la sua crescita e si attesti nel medio/lungo termine ad un livello superiore rispetto all’ultimo ventennio, ovvero tra il 5% ed il 6%, facendoci uscire da un’epoca di prezzi stabili.
Il ritorno dell’inflazione è positivo o negativo?
Rischio o opportunità
Mentre un’alta inflazione è sempre negativa e pericolosa è possibile
individuare alcuni benefici derivanti da un’inflazione contenuta, ma non nulla:
- Tassi d’interesse reali negativi: mentre i tassi di interesse nominali normalmente non sono negativi, quelli reali lo possono diventare quando l’inflazione cresce soprattutto se i tassi nominali sono molto bassi, vicini allo zero. Ciò può risultare utile a chi investe indebitandosi.
- Riduzione valore reale del debito: nel momento in cui viene contratto un prestito, la moneta ha un certo potere di acquisto. Se, nel periodo di durata del prestito, il potere di acquisto della moneta si riduce a causa dell’inflazione, il debitore restituirà una somma di denaro, da un punto di vista nominale, uguale a quella ricevuta al momento in cui il debito è sorto, ma da un punto di vista reale, restituirà un valore più basso dato che il potere di acquisto del denaro si è ridotto a causa dell’inflazione.
Dall’altro lato, tra gli effetti negativi dell’inflazione, possiamo citare:
Redditi fissi: A risentire maggiormente delle conseguenze negative dell’inflazione sono coloro che percepiscono redditi fissi, come i lavoratori dipendenti e i pensionati. Mentre i prezzi dei beni aumentano continuamente, i redditi nominali vengono
- aumentati solo periodicamente, la conseguenza è che si ha una riduzione dei redditi reali.
- riduzione dell’offerta di risparmi: le famiglie, prevedendo degli aumenti dei prezzi futuri, preferiscono acquistare oggi anche beni dei quali avranno bisogno in seguito. L’aumento dei consumi determina una riduzione dei risparmi, questo può portare ad una frenata degli investimenti con riflessi negativi sullo sviluppo economico del paese.
Perché un ritorno dell’inflazione spaventa?
Perché si teme che un rialzo eccessivo dell’inflazione possa portare a fare marcia indietro sugli stimoli monetari varati dalle banche centrali che hanno sostenuto le imprese in questa crisi pandemica. Le banche centrali in questa fase hanno emesso molta moneta portando i tassi a 0 ed in alcuni casi sotto 0.
Quali sono i fattori scatenanti l’inflazione?
Due di questi fattori sono le materie prime e i colli di bottiglia delle produzioni. Con la ripartenza e la riapertura delle attività le fabbriche riprendono le attività produttive richiedendo un maggior afflusso di materie prime. Il problema è che queste sono scarse, non sufficienti (il problema riguarda in particolare il rame, il palladio, i chip) e la loro carenza riduce la produzione di beni. La contrazione dell’offerta, in un periodo in cui la domanda aumenta, crea pressioni inflazionistiche.
Quali sono le previsioni?
È necessario capire se questi problemi sono legati alla riapertura dell’economia e quindi temporanei o se la carenza di materie prime perdurerà nel tempo e quindi sarà strutturale.
L’orientamento attuale tende a supporre che l’inflazione non avrà un andamento costantemente crescente, ma si assesterà su un livello superiore a quello di partenza.
Che questo cambiamento abbia un carattere strutturale, quindi non temporaneo, lo si denota dalle scelte intraprese dalle aziende che stanno riorganizzando le proprie supply chain.
Queste ultime sono state ridefinite, dismettendo le componenti della catena presenti all’estero e rilocalizzandole nel o in prossimità del paese di origine.
Questo comporta una un aumento dei costi che incide lungo tutta la catena e che si rifletta infine sul prezzo di vendita.
Data la consistenza in termini di investimento di tali scelte e quindi la difficoltà che ne deriverebbe di un dietro-front, viene spontaneo attribuire un carattere strutturale, anziché estemporaneo, all’inflazione.
Benedetti&Co, grazie alla sua capacità di svolgere ricerche macroeconomiche, ha sviluppato una grande esperienza nell’analizzare scenari e tendenze, supportando le imprese nella ridefinizione delle proprie strategie.
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