Lettera all'imprenditore n°343 del

24 Luglio 2024

L’andamento dei tassi di politica monetaria della BCE tra novità e prospettive

La trasparenza nelle decisioni di politica monetaria migliora la prevedibilità dei mercati finanziari e quindi contribuisce alla stabilità finanziaria.”

Ben Bernanke

Lo scorso mese il Consiglio Direttivo della BCE, nella sua riunione del 6 giugno, ha preso una decisione in controtendenza rispetto al periodo precedente, stabilendo di ridurre dello 0,25% i tassi di politica monetaria a partire dal 12 giugno. Negli ultimi due anni infatti, a partire da luglio 2022, la BCE aveva fin qui aumentato significativamente i tassi con l’obiettivo di frenare e ridurre l’inflazione.

Ma di quali tassi si parla esattamente e cosa comporta questa loro riduzione, anche nel contesto italiano oltre che in Europa?

Innanzitutto, i tassi di politica monetaria sono tre:

1. Il tasso di rifinanziamento marginale, ovvero il costo annuo che paga una banca per prendere a prestito denaro cosiddetto ‘overnight’ (cioè da restituire il giorno successivo), dalla BCE. Con il taglio di giugno è passato ora dal 4,75% al 4,5%;

2. Il tasso di rifinanziamento principale, cioè il tasso al quale le banche si aggiudicano prestiti della durata di sette giorni. Le operazioni di rifinanziamento principale vengono condotte regolarmente su iniziativa della BCE ogni settimana. Questo tasso, in seguito ai tagli dello scorso giugno, è sceso dal 4,5% al 4,25%;

3. Il tasso sui depositi rappresenta la remunerazione che le banche commerciali ottengono quando depositano il denaro presso la BCE e in questo periodo storico è il principale riferimento per l’EURIBOR, il tasso a cui le banche commerciali si prestano denaro tra loro, e, in generale, per i tassi di interesse nell’area dell’euro. Prima della riduzione di giugno, questo tasso ammontava al 4%, mentre oggi è al 3,75%.

Dei tre tassi, il tasso sui depositi è preso anche come riferimento principale dei tassi di mercato, poiché le banche, che hanno liquidità in eccesso, depositano regolarmente parte di tale liquidità presso la BCE ottenendo una remunerazione. Tale remunerazione, che attualmente è appunto del 3,75% all’anno, rappresenta di fatto la “soglia” di riferimento per calcolare il tasso di interesse per i prestiti ad altri soggetti più rischiosi.

I tassi di interesse decisi dalla BCE influenzano direttamente i tassi di interesse ai quali le banche si scambiano denaro tra loro con scadenza fino a un anno (tassi EURIBOR) e, indirettamente, tutti i diversi tassi di interesse che toccano direttamente la vita delle persone (si pensi al costo dei mutui per l’acquisto di un’abitazione) e delle imprese. L’aumento dei tassi di interesse, che ha riguardato gli ultimi due anni, di per sé è quindi una misura “dolorosa” perché tende a ridurre i consumi delle persone e gli investimenti delle imprese e, di conseguenza, a rallentare la crescita economica, seppur per contrastare l’inflazione.

Il rapporto tra l’andamento dei tassi di politica monetaria e il tasso di inflazione è dunque direttamente correlato e spesso inversamente proporzionale. Prendendo in considerazione il tasso BCE sui depositi, questo è rimasto fisso a -0,5% da gennaio 2021 a giugno 2022, mentre nel medesimo periodo l’inflazione è cresciuta progressivamente dallo 0,9% fino all’8,6%, A partire da luglio 2022, in risposta al fenomeno inflattivo, vi è stato appunto un aumento dei tassi da parte della BCE e il tasso sui depositi ha avviato una crescita progressiva, raggiungendo il 4% nel settembre 2023; di contro l’inflazione, dopo aver toccato un picco del 10,6% nell’ottobre 2022, è scesa progressivamente al 2,4% nell’aprile del 2024 (fonte: dati BCE e Istat).

Ma tutto questo cosa determina nelle tasche dei privati cittadini e nelle casse delle imprese?

Certamente è ancora vivido nel ricordo di tutti il consistente aumento delle rate dei prestiti a tasso variabile tra il luglio del 2022 e il settembre del 2023. Nel concreto, se si fosse stipulato un mutuo di 150.000 euro a tasso variabile della durata di 30 anni nel dicembre del 2019, la rata sarebbe stata di circa 456 euro, mentre lo stesso finanziamento stipulato lo scorso settembre sarebbe costato circa 800 euro (ipotizzando l’Euribor a 3 mesi, come parametro, più uno spread dell’1%). Si tratta di un aumento di oltre il 75%.

Nel caso di un mutuo a tasso fisso, la rata sarebbe variata meno: mentre nel 2019 la rata sarebbe stata di 529 euro, per un mutuo dello stesso tipo acceso nel settembre 2023 la rata sarebbe stata circa 723 euro, quindi più alta del 36% (Eurirs a 30 anni, più 1% di spread).

La politica monetaria restrittiva, cioè l’aumento dei tassi, aiutata dalla riduzione dei costi dell’energia, ha da qualche mese iniziato a dare finalmente i suoi frutti: l’inflazione nei paesi dell’area dell’euro è diminuita dal picco dell’11% dell’ottobre 2022 al 2,4% di aprile 2024, un valore vicino all’obiettivo della BCE del 2% di inflazione nel medio termine. In Italia l’inflazione, misurata dall’indice armonizzato dei prezzi al consumo, si è notevolmente ridotta dal picco del 12,6% dell’ottobre 2022 allo 0,9% di aprile scorso. Questo a sua volta ha avuto un effetto positivo sul valore reale dei risparmi degli italiani; il calo dell’inflazione aiuta infatti a mantenere il potere d’acquisto del denaro nel corso del tempo.

Cosa comporta questo taglio?

La riduzione del costo dei finanziamenti per famiglie e imprese costituisce innanzitutto un piccolo stimolo per i consumi delle persone e gli investimenti delle imprese. Per quanto riguarda i mutui, in particolare, gli effetti, per quanto modesti, hanno cominciato ad essere avvertiti già da prima dell’effettivo annuncio della BCE. Infatti, in previsione del taglio dei tassi, il tasso Euribor a 3 mesi dai massimi di settembre 2023 si è progressivamente ridotto, all’incirca dello 0,25%. Tornando all’esempio citato in precedenza, la rata di un mutuo a tasso variabile acceso a settembre a 800 euro al mese ammonterebbe ora a circa 780 euro.

Cosa riserverà il futuro, tuttavia, non è facile prevederlo e in questa fase non si può nemmeno peccare di eccessivo ottimismo. La riduzione dei tassi, infatti, è ancora lieve e il loro valore è ancora elevato. Questa riduzione però, se supportata da congiunture favorevoli anche nel prossimo futuro, potrà essere un segnale di grande importanza e vedrà confermata l’intenzione da parte della BCE di ridurre progressivamente il costo del denaro nel corso del tempo (se le condizioni di mercato lo permetteranno).

Benedetti&Co, da vent’anni, grazie alla sua capacità di svolgere ricerche macroeconomiche, ha sviluppato una grande esperienza nell’analizzare scenari e tendenze, supportando le imprese nella ridefinizione delle proprie strategie.

Scarica pdf

Richiedi informazioni

Compila il modulo sottostante per inviarci una richiesta di informazioni o per essere contattato.
Il Team Benedetti&Co ti risponderà il prima possibile.







    Dichiaro di avere letto l'informativa sulla privacy e acconsento al trattamento dei dati forniti.*