Lettera all'imprenditore n°148 del

10 Aprile 2020

Gli impatti di covid-19 sul commercio estero italiano

Nella speranza di aver superato la parte più difficile di questa devastante emergenza sanitaria, ci si domanda quali possano essere le implicazioni di covid-19 sull’andamento dell’commercio estero italiano e mondiale.

Se da un lato è ormai certo che l’andamento dell’economia italiana e mondiale dei prossimi anni sarà fortemente condizionato dalla comparsa del virus, dall’altro lato appare ancora incerto l’ammontare complessivo dei danni.

Gli effetti dell’emergenza sulle imprese italiane dipenderanno sia dalla durata delle restrizioni sia dalle misure economiche che verranno adottate per agevolare la ripresa, non solo in Italia, ma anche nei paesi esteri. Le imprese italiane essendo infatti ben integrate nelle filiere produttive europee e mondiali potranno giungere ad una piena ripresa solo e soltanto se questa avverrà in parallelo a quella dei propri clienti e fornitori esteri.

L’eventuale prolungamento delle misure restrittive adottate in Italia e negli altri Paesi andrà a colpire duramente il commercio estero italiano, che ammontava nel 2019 a circa 910 miliardi, di cui 480 di export e 430 di import. Le imprese italiane più integrate a livello globale saranno fortemente danneggiate dallo shock Coronavirus che agirà sia dal lato dell’offerta che dal lato della domanda del commercio mondiale.

Dal lato dell’offerta vi sarà una maggiore difficoltà a reperire materie prime e beni intermedi provenienti dall’estero. Nonostante, ad oggi, sia consentito il trasporto internazionale di merci, un aggravamento dell’emergenza nei paesi esteri potrebbe comportare un’interruzione nelle produzioni e nel commercio estero a monte della catena del valore. Tale eventualità determinerebbe un rapido esaurimento delle scorte di magazzino delle aziende italiane, che si trovano a valle, e di riflesso un blocco delle produzioni che utilizzano tali beni.

Come si è già riscontrato la chiusura della Cina ha provocato gravi danni alla filiera dell’automotive.

Dal lato della domanda l’introduzione di misure restrittive anche nei paesi esteri, che hanno forti relazioni commerciali con l’Italia (Germania, Francia, USA, etc.), determinerà un crollo dei consumi al loro interno e quindi, a cascata, una riduzione delle esportazioni italiane verso questi paesi. Secondo studi di Confindustria questo causa manifesterà i propri effetti soprattutto nel 2° trimestre del 2020, con un possibile protrarsi, con un minore impatto, anche nel 3° e nel 4° trimestre.

A quanto ammonta il calo previsto per l’export italiano?

Il Centro Studi di Confindustria ha ipotizzato per il 2020 una diminuzione del 5,1% delle esportazioni italiane di beni e servizi; la ripresa per l’export italiano è prevista per il 2021 con una crescita del 3,6%, che però non riuscirà a recuperare il terreno perso.

L’analisi condotta da Confindustria ha inoltre evidenziato che gli esportatori italiani dovranno affrontare maggiori difficoltà produttive e logistiche rispetto ai concorrenti; saranno maggiormente colpite le imprese operanti in Lombardia e nelle altre regioni del Nord, che generano nel complesso il 71% dell’export italiano (27% la Lombardia). Il crollo dell’export sarà infine aggravato dal maggior blocco delle attività produttive “non essenziali”, che secondo la stessa indagine, generano il 56% delle esportazioni dell’industria italiana.

Il grafico rivela, che l’emergenza COVID-19 determinerà per il 2020, oltre ad un crollo dell’export, una contrazione del commercio mondiale prossima al 2,5%. La stessa Confindustria sottolinea però che la riduzione degli scambi mondiali ipotizzata potrebbe essere inferiore a quella reale, in quanto un blocco delle attività più lungo e diffuso potrebbe portare ad una caduta del commercio mondiale molto più forte. È infatti possibile che il blocco delle filiere produttive internazionali si traduca in una contrazione degli scambi comparabile a quella del 2009, quando a causa dello shock il commercio mondiale crollò del 12%.

Ad oggi, ancora molte sono le incertezze, tuttavia, secondo lo scenario presentato dal CSC, ci si potrebbe attendere, in Cina e negli altri paesi asiatici, una ripresa graduale dal secondo trimestre del 2020 grazie all’efficacia delle misure restrittive introdotte; anche se, con le informazioni che trapelano oggi dalla Cina, questa previsione potrebbe essere meno probabile. La ripresa, qualora avvenga in questi tempi, si potrà estendere successivamente agli altri paesi, tra i quali Europa e USA, consentendo un rimbalzo delle filiere produttive internazionali. Una ripartenza delle principali economie mondiali già alla fine del 2020, consentirebbe di contenere il calo del commercio mondiale quest’anno e di realizzare un parziale recupero nel 2021.

Comunque, al di là delle previsioni, che vengono aggiornate continuamente in una situazione così “liquida”, è sicuramente certo che quello che è accaduto e che sta accadendo, modificherà le filiere mondiali accorciandole, diminuendo le distanze tra clienti e fornitori. Molto probabilmente, per ridurre i rischi di contaminazione, la globalizzazione regredirà, confinando le filiere all’interno di ciascun continente. Questa evoluzione potrebbe essere un’ottima occasione per le imprese italiane indispensabili per le principali filiere, caratteristica messa ancora più in risalto da questa crisi.

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