Lettera all'imprenditore n°238 del
16 Marzo 2022
Costi energetici: fattore critico di successo
Quando a marzo 2019 la macchina segnava la spia rossa della riserva, una smorfia di disappunto appariva sul volto svanendo qualche istante dopo quando il primo distributore disponibile compariva sulla strada segnando 1,55 €/L. A marzo 2022 la smorfia mostra anche il disappunto per il notevole incremento del prezzo, arrivato a circa 2,25 €/L, nascondendo anche preoccupazione e incertezza per i prezzi futuri.
L’andamento del prezzo medio del mese di febbraio dal 1996 al 2022 di benzina, gasolio auto, GPL, gasolio riscaldamento, O.C. fluido BTZ e O.C. denso BTZ, calcolato da DGIS (Direzione Generale Infrastrutture e Sicurezza) mostra, infatti, una costante crescita, oltre ad una impennata nell’ultimo anno, come dimostrato dal grafico sottostante:
Fonte: Ministero della Transizione Ecologica
La tabella sintetizza l’aumento considerevole di tali prezzi:
Tali aumenti impattano sulla vita quotidiana di ciascuno di noi e in particolare sulla produzione di energia elettrica.
A cosa è dovuto l’aumento dei prezzi?
L’aumento dei prezzi è dovuto principalmente al forte aumento della domanda post-pandemica legata al settore industriale e logistico.
In particolare la pandemia ha bloccato per oltre un anno le principali economie mondiali, generando un crollo dei consumi industriali. In seguito alla ripresa economica, il boom della domanda a fronte di un’offerta limitata e ridotta ha determinato un aumento dei prezzi delle materie prime senza precedenti.
Un ulteriore fattore sono le recenti tensioni geopolitiche internazionali dovute alla guerra tra Russia e Ucraina. Nel dettaglio, l’Italia importa dalla Russia il 38% del gas naturale necessario a soddisfare il proprio fabbisogno energetico; tale dipendenza, dato il recente embargo, probabilmente provocherà un ulteriore aumento dei prezzi.
Quali saranno le conseguenze di questi aumenti sulle imprese?
L’impennata dei prezzi del gas si è rapidamente trasferita anche sul prezzo dell’energia elettrica, facendo lievitare i costi energetici delle imprese industriali. Il Centro Studi di Confindustria stima che i costi dell’energia, che nel 2018 erano pari a 8 miliardi, nel 2022 potrebbero superare i 37 miliardi, con un incremento del +363%.
Di conseguenza, l’incremento dell’energia unito al forte rincaro del gas, potrebbe portare molte imprese ad uscire dal mercato nel caso in cui non avessero la forza di trasferire tali rincari ai propri clienti.
Inoltre, come risaputo, i costi energetici in Italia son ben superiori rispetto al resto d’Europa a causa del forte impatto fiscale. I recenti aumenti potrebbero incrementare ulteriormente questo gap, riducendo la competitività delle aziende italiane rispetto ai competitor stranieri.
Oltre a ciò la competitività delle aziende italiane verrebbe limitata dall’aumento dei costi di trasporto che ridurrebbero l’estensione geografica dei mercati approcciati.
Quali sono i settori più colpiti?
I settori più colpiti sono quelli più energivori, che secondo uno studio di Confindustria, pubblicato a gennaio 2022, sono: la chimica (con un’incidenza dei costi energetici del 14% sui costi totali di produzione), la metallurgia (11%), la lavorazione di minerali non metalliferi (quali cemento, ceramica, etc., con un’incidenza dell’8%), la lavorazione della carta e del legno (5%), la gomma-plastica (5%).
Il forte aumento dei costi energetici, per questi settori, ha provocato per le imprese un’erosione dei margini operativi, data la difficoltà di trasferire ai clienti i rincari energetici.
Benedetti&Co, grazie alla sua capacità di svolgere ricerche macroeconomiche, ha sviluppato una grande esperienza nell’analizzare scenari e tendenze, supportando le imprese nella ridefinizione delle proprie strategie.
La gestione dei costi energetici diventerà sempre più importante per mantenere la competitività delle imprese italiane sui mercati. È necessario, pertanto, intervenire immediatamente per non aggravare ulteriormente la situazione delle imprese italiane.
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