Lettera all'imprenditore n°345 del
4 Settembre 2024
Allarme giovani: il 35% è pronto a lasciare l’Italia
“Ogni paese che perde i suoi intellettuali e la sua forza lavoro creativa è destinato a un futuro di stagnazione.”
Mario Vargas Llosa
Sempre più giovani sono pronti a lasciare il Paese alla ricerca di un’occupazione e un salario migliore. Questa è la preoccupante fotografia che emerge da una recente indagine condotta su un campione di 1.200 ragazzi under 30. Per il 35% di essi, infatti, il Paese risulta poco attrattivo e solo il 19% conosce le vere opportunità del settore manifatturiero italiano. Un altro dato che desta sicuramente preoccupazione è che il 70% di chi parte esclude quasi categoricamente un ritorno al Paese. Questo trova conferma in una recente analisi, elaborata dall’ISTAT, in cui viene evidenziato come nel 2022, a fronte di 18.000 giovani espatriati, solo 6.000 sono rientrati. Nel grafico sottostante sono rappresentate le emigrazioni e le immigrazioni degli italiani laureati nell’ultimo decennio.
La costante differenza negativa fra uscite ed ingressi ha comportato una perdita complessiva di circa 90.000 laureati tra il 2013 e il 2022. Questo scenario è ulteriormente aggravato dall’inverno demografico in atto, già affrontato in una precedente lettera all’imprenditore. La denatalità, infatti, ogni anno fa sparire migliaia di studenti dai banchi di scuola. Se gli attuali trend fossero confermati, nei prossimi vent’anni si registrerà un calo del Pil pro-capite prossimo al 17%.
I paesi europei sono le mete favorite dei giovani laureati italiani. Sul podio della classifica c’è la Germania destinataria di quasi 3.000 espatri, seguita da Regno Unito, Svizzera, Francia e Paesi Bassi. Tra i paesi extra-europei gli Stati Uniti sono al primo posto con quasi 1.000 laureati italiani che hanno deciso di intraprendere un’avventura oltre oceano.
Ma quali sono le motivazioni che spingono i giovani a partire?
Guardando ai numeri, una prima motivazione è rappresentata dai salari più alti: i laureati di primo e secondo livello giunti oltre confine percepiscono, a un anno dal conseguimento del titolo, 2.174 € mensili netti, +56,1% rispetto ai 1.393 € di chi è rimasto. Segue poi la voglia di trovare opportunità di lavoro migliori, che consentano di vivere esperienze nuove. Degno di nota è anche il fatto che ad oggi, in Italia a parità di lavoro svolto, il dipendente che ha vissuto un’esperienza all’estero percepisce uno stipendio maggiore rispetto a chi non ha affrontato questo percorso.
Una recente indagine condotta da AlmaLaurea, consorzio interuniversitario, evidenzia queste motivazioni in due grafici, riportati di seguito.
È possibile osservare come, a distanza di cinque anni dal conseguimento del titolo, solo il 15% del campione affermi di voler tornare in Italia dopo l’esperienza all’estero. Un dato sicuramente preoccupante che fa riflettere sulla capacità attrattiva del Bel Paese. Questa fuga dei cervelli rappresenta un pericoloso impoverimento per l’Italia che è destinata a perdere forza lavoro qualificata, competenze e innovazione.
I giovani che abbandonano il paese hanno un forte impatto sul grado di innovazione e soprattutto sull’imprenditoria locale. Gli individui qualificati e istruiti sono infatti i driver dell’innovazione e lasciando il Paese, portano con sé le conoscenze, abilità e competenze. Questo comporta una contrazione anche degli investimenti, poiché calerebbe l’interesse per investire in imprese che non dispongono del talento necessario per avere successo.
Come affrontare questo fenomeno?
La fuga dei cervelli dall’Italia, sommata all’attuale crisi demografica, necessita di un rapido intervento. È necessario rendere più appetibile il mercato italiano, generando una maggiore consapevolezza nei giovani delle opportunità che offre. L’Italia rappresenta infatti la seconda potenza manifatturiera in Europa, ma solo un ragazzo su dieci consiglierebbe ad uno straniero di venire nel Bel Paese per lavorare in questo settore.
È inoltre indispensabile incentivare le aziende che investono in ricerca e sviluppo e che valorizzano le competenze dei propri dipendenti. Degno di nota è il fatto che sono già molte, ad oggi, le aziende che introducono percorsi di crescita, premi, master e welfare aziendali per migliorare la propria attrattività verso i giovani.
Un altro fronte su cui sarebbe auspicabile un intervento è l’istruzione. Investendo in essa, i paesi che offrono opportunità di istruzione e formazione di qualità hanno maggiore probabilità di trattenere lavoratori qualificati. Ad esempio, la Finlandia presenta uno dei migliori sistemi educativi del mondo offrendo un’istruzione gratuita ai suoi cittadini.
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