Lettera all'imprenditore n°240 del
30 Marzo 2022
Africa: un’alternativa (e molte opportunità) ai mercati orientali in crisi
“Sono un grande sostenitore del fatto che in Africa, se sai come operare, esistono opportunità incredibili.”
Nicky Oppenheimer (presidente di De Beers)
In un momento storico così instabile diventa quasi imprescindibile iniziare a prendere in concreta considerazione le potenzialità provenienti da nuovi mercati.
L’attuale conflitto in Ucraina ha interrotto i rapporti commerciali con quest’area del mondo ove molte imprese operavano letteralmente fino a ieri, spesso in maniera significativa. Il blocco di tali mercati, contestualmente all’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia, obbliga come detto a rivolgere l’attenzione anche ad altri Paesi.
L’Africa, con un PIL cresciuto mediamente del 4,6% nel periodo 2000-2016 (dati OCSE), pari a 2.500 miliardi di dollari e oltre 1,3 miliardi di abitanti (2,5 entro il 2050 – dati ONU), può essere un nuovo mercato da considerare. Da tale area potrebbero provenire molteplici opportunità in vari settori, alcuni dei quali particolarmente coerenti con l’offerta e le capacità di molte imprese italiane.
Quali sono i settori più interessanti per le imprese italiane?
Focalizzandosi sui settori più promettenti, non si può non cominciare da agricoltura e settore primario. L’Africa è il continente con il più alto tasso di terra libera coltivabile, pari a 200 milioni di ettari. In futuro, per nutrire il pianeta ci sarà assoluto bisogno di mettere a frutto queste terre, ma per farlo ci vuole l’approccio giusto. Culturalmente parlando, sono più accettate dagli africani le PMI italiane rispetto ai colossi industriali internazionali, a condizione di portare valore aggiunto e know-how su produzione e catena del valore. Questo approccio win-win offre alle imprese italiane del settore nuove opportunità di business e aiuta gli africani a soddisfare il mercato domestico e ad apprendere le regole fitosanitarie e gli standard produttivi per esportare. Emblematico il caso del pomodoro: coltivato già negli anni ’60, è poi andato progressivamente in declino per via dell’arretratezza dei mezzi e della perdita di competitività. La domanda però è rimasta alta e in continua crescita, ma ad oggi viene soddisfatta essenzialmente dalla Cina.
Considerate le esigenze locali e le peculiarità del territorio, un altro settore ad alto potenziale è quello delle energie rinnovabili. Diversi attori internazionali del settore stanno già operando in Africa da tempo senza però riuscire a far fronte all’enorme richiesta del mercato. Servirebbe un modello di elettrificazione adattato alle dimensioni del continente. Il mercato richiede quindi rinnovabili, mini-grid e micro-grid più che enormi tralicci per migliaia di km, col rischio dei guasti e la certezza della dispersione (che in alcuni Paesi arriva fino al 30%). Le aziende italiane del settore sono numerose e qui possono trovare interessanti opportunità.
Infine merita una menzione anche il settore della logistica e delle infrastrutture da trasporto. Grandi gruppi industriali, anche italiani, costruiscono dighe e porti ovunque nel continente, i cinesi predominano nel settore ferroviario, ma occorrono anche strade e logistica intermodale, settori in cui attualmente sono presenti pochi competitor. Con la riapertura post-pandemia, ci sarà progressivamente sempre più bisogno di movimentazione merci, stoccaggio, catena del freddo, trasporto locale e internazionale, carico e scarico navi. Un affare potenzialmente enorme.
Oltre ai settori citati, è utile sapere che numerosi Paesi africani stanno crescendo e vogliono dotarsi di beni e infrastrutture di prestigio: aviazione leggera, ferrovie e tecnologie per telecomunicazioni.
Inoltre c’è spazio per le PMI che producono macchine agricolo-forestali, centraline solari portatili, mezzi di trasporto pubblici, farmaci, così come per le aziende operanti nella lavorazione del cuoio e quindi nella produzione di scarpe e altri prodotti in pelle.
Dove e come operare?
Le opportunità provenienti dal continente africano sono numerose, con alcuni settori particolarmente promettenti e coerenti con le caratteristiche delle aziende italiane. Tuttavia, per operarvi in maniera opportuna e mitigare eventuali rischi, vi sono due fattori da considerare.
Innanzitutto, si dice “Africa” ma il continente è composto da 54 Paesi indipendenti sia politicamente sia economicamente. Si pensa spesso al Sudafrica e alla Nigeria come ai paesi più interessanti, ma in realtà si tratta di economie complesse e già molto legate al sistema delle multinazionali e delle grandi imprese anglosassoni, francesi o asiatiche. L’ideale dunque sarebbe concentrarsi sui Paesi più “alla portata” delle nostre imprese, come Costa d’Avorio, Kenya, Ghana, Rwanda e Senegal.
È inoltre fondamentale sapere che ciò che occorre agli africani è un partner che si fidelizzi e crei joint-venture stabili. Ciò che i leader africani più responsabili cercano, e raramente trovano, è l’imprenditore che porti know-how e formi i giovani lavoratori. Per riuscire a operare in maniera virtuosa in e con l’Africa, infatti, bisogna metterla in condizione di produrre prima per il mercato locale, poi regionale e infine mondiale, ove, visti i tempi, l’Africa potrebbe presto affermarsi partendo dall’agribusiness. Ma per giungere a tale risultato è necessario fare sistema: tutta l’area subsahariana ha bisogno di filiere integrate. Operatori della filiera della carne hanno già installato numerose piattaforme sul continente; in una logica di sistema ciò può collegarsi ad altre sotto-filiere come quella del latte, delle verdure/legumi e dei succhi di frutta. Il MISE ha a sua volta elaborato un model farm per la produzione di latte e carne che vede coinvolte 11 imprese italiane. Si tratta di modelli virtuosi da replicare.
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